Vietare il burkini è solo ipocrisia
Mentre cazzeg… espando la mia rete sociale su FB, comincio a notare un pattern che mi lascia perplessa: ovunque vedo foto di suore in spiaggia.
Ohibò! Che fine hanno fatto le solite bellone che vanno al mare a mostran le chiappe toniche e abbronzate?
Suore che giocano a beach volley, che sguazzano nell’acqua e che si sbafano cocomeri e cornetti Algida, imperturbabili nella loro divisa religiosa fatta di tonaca e velo.
Ma che succede?
Una breve ricerca e mi accorgo che oltre alle suore, abbondano anche le foto di donne di religione musulmana che indossano il tanto deprecabile burkini.
Oh, no! Per favore, ditemi che non si sta ricominciando con sta storia del velo e del burqa e via dicendo!!
E invece si. Con in sottofondo il tormentone estivo di turno, si assiste alla solita alzata di scudi e di lance: chi è contro il burkini e chi è a favore.
A riattizzare il fuoco in Italia è di nuovo lui, Salvini, che amplifica le posizioni del Ministro Francese Valls il quale afferma che “il burkini è incompatibile con i valori occidentali”.
Ora, mi piacerebbe chiedere al suddetto ministro quali sarebbero questi valori occidentali messi in pericolo da un pezzo di abbigliamento. Forse che le donne che indossano il burkini in spiaggia insultano quelle che sfoggiano scampoletti di stoffa che coprono a malapena le loro curve?
Forse che una manica lunga e una gamba coperta getta vergogna sul topless della cinquantenne raggrinzita da milioni di ore al sole?
Mi sconcerta una nazione che si scaglia ferocemente contro i simboli religiosi, vietandoli, dimostrando così estrema intolleranza.
Non capisco.
Non è vero, in realtà capisco molto bene.
Chi è contro il burkini lo è spesso perché trova l’abbigliamento una costrizione, una coercizione maschile contro le donne, costrette a subire l’ennesima forma di tortura. Concordo.
Su quest’onda si insinua il Valls/Salvini pensiero che però nasconde dietro alla dichiarazione, “E’ un simbolo di arroganza, di sopraffazione e di violenza nei confronti della donna”, la guerra santa contro l’Islam.
Il messaggio è chiaro: i musulmani non sono come noi, sono pericolosi, se ne devono andare e se stanno sono ospiti e quindi devono annullare ogni radice e tradizione che noi occidentali (che siamo più civili e quindi migliori) non apprezziamo.
Da qui il divieto del burkini, perché in spiaggia, secondo i sacrosanti valori occidentali che vennero in passato difesi dai crociati, si deve godere della tetta e della chiappa che fanno capolino dal bikini striminzito.
Quindi alla domanda “deve il burkini essere proibito in spiaggia?”, io rispondo no.
Sia chiaro, non apprezzo l’estremizzazione di certi trattamenti subiti dalle donne musulmane. Quando vedo queste donne coperte da capo a piedi in piena estate, mi sento male io per loro.
La mancanza di rispetto che viene camuffata dal suo esatto opposto, mi ripugna e in questo contesto anche io potrei prendere in prestito le parole di Salvini quando urla alla violenza contro il gentil sesso. Poi però mi candeggerei la bocca per aver pronunciato la stessa frase di uno che trova accettabile insultare pubblicamente il Presidente della Camera dei Deputati, Laura Boldrini, mostrandola come bambola gonfiabile, chiaramente intendendo che è buona solo a farti un pompino.
Quando sono stata in Italia tre anni fa, ho passato una giornata in spiaggia da amici e la cosa che mi ha maggiormente colpito, dopo l’impacchettamento da carro bestiame del tipico stabilimento balneare, è stata la quantità di carne femminile (e maschile) messa in mostra senza vergogna.
8 anni all’estero mi avevano fatto dimenticare cosa significasse essere su una spiaggia italiana: abbronzatura da competizione e sfoggio di forme sensuali (o presunte tali).
Non dico che in Australia o in California non ci siano donne in bikini, anzi! Ma fidatevi che i bikini che ho visto da quando vivo all’estero, in Italia li indosserebbe la nonna Peppina.
Non voglio fare la falsa moralista e dire che chi si mette un bikini striminzito sicuramente è una poco di buono, ma ci mancherebbe altro! Personalmente non mi disturba affatto il corpo umano in mostra, purché non mi si ficchi in un occhio una tetta o mi si sfrulli davanti un pisello randagio.
Se però oso affermare che anche i bikini striminziti e i perizomi sono una sorta di subdola imposizione maschilista, sono sicura di scatenare una certa indignazione. “Non è vero! Le donne italiane sono libere di indossare quello che pare a loro. A nessuno vieta loro di vestirsi da educande o da puttane e da tutto quello che c’è di mezzo!”.
Non è proprio vero. La mentalità occidentale è aperta verso l’emancipazione femminile, certamente, ma solo fintanto che fa comodo alla mentalità maschilista (condivisa da alcune donne). Non c’è bisogno che mi metta qui a discutere di come le donne in Italia, per prendere un paese tra tanti, siano libere di vestirsi come pare loro, ma che se si presentano un po’ discinte certamente è meglio e che si, hanno pari diritti dell’uomo sulla carta, ma nella realtà non hanno le stesse pari opportunità e salari, ad esempio. Ma non divaghiamo.
Se le donne fossero veramente libere dalle pressioni maschili dettate dai loro biechi istinti sessuali più o meno repressi, sceglierebbero di vestirsi come pare a loro e magari ci sarebbero comunque donne con burkini e con bikini, una accanto all’altra in spiaggia e nessuno avrebbe nulla da dire, perché sarebbe veramente una loro libera scelta.
Invece sono strumentalizzate in una maniera o nell’altra: se non è la scusa della religione, è quella della sessualizzazione e in questo caso, se malauguratamente una volesse indossare un costume sobrio, fa magari fatica a trovarlo perché la moda spinge in una certa direzione e la scelta cadrebbe tra l’intero olimpionico e lo scafandro anni ’20 della nonna.
Il punto alla fine è chiaro: le posizioni ipocrite di chi pensa di difendere valori inesistenti per veicolare ulteriore odio e intolleranza, dovrebbero essere rigettate con forza.
Non si può pensare di cambiare ciò che si ritiene sbagliato di una cultura diversa dalla nostra, quando nella nostra stessa cultura abbiamo chiari esempi di ingiustizie sociali.
La donna mediorientale che porta “volontariamente” il burkini è come la donna occidentale che indossa un perizoma sostenendo che è “solo” perché lo vuole lei, come la suora che è felice di onorare il Signore friggendo sotto il sole pur di non togliersi il velo in testa e via dicendo.
Personalmente mi disferei di ogni costrizione mascherata da volontà divina che umilia il corpo femminile, così come ogni costrizione mascherata da emancipazione, voluta da uomini arrapati e finte femministe.
Ma prima di questo vorrei che i vari Valls/Salvini si rendessero conto che i valori, quelli veri, non hanno coordinate spaziali o connotazioni culturali/religiose e che, soprattutto, non hanno nulla a che vedere con i centimetri di pelle esposti o nascosti in spiaggia.
I valori che si devono difendere sono per esempio quelli che impediscono gli attacchi terroristici così come i raid aerei su civili e su ospedali pediatrici, quelli che impediscono nel 21º secolo di vedere immagini come queste.
L’integralismo religioso/politico che porta al terrorismo, non lo si combatte con l’integralismo religioso/politico opposto, camuffato da civiltà ed emancipazione e di certo non lo si sconfigge bandendo il burkini da una spiaggia.
P.S. E se volete scoprire una curiosità a proposito di alcune foto di donne con burkini che stanno circolando… leggete qui!