Quote Rosa nei CDA d’Europa: proposta di legge
Mercoledì scorso (12 Novembre), Viviane Reding, commissaria Ue per la giustizia, aveva annunciato trionfalmente su Twitter che la Commissione aveva adottato la sua proposta di legge europea che prevede l’imposizione del 40% di donne nei CDA da qui al 2020.
In realtà , ad una più attenta analisi, si è scoperto che il testo adottato dall’esecutivo Ue (ora all’esame dell’Europarlamento e poi del Consiglio), mostra delle sostanziali differenze da quello iniziale.
Dall’iniziale proposta di quota obbligatoria per tutti i consigli di amministrazione delle aziende, la nuova direttiva prevede che entro la data indicata del 2020, solo le società più grandi (5mila in tutto) debbano provvedere all’assunzione di donne.
Non rientrano quindi le piccole e medie imprese, con meno di 250 dipendenti e un fatturato annuo inferiore ai 50 milioni di euro.
Inoltre, la quota che inizialmente era obbligatoria, si è trasformata in una “politica che le aziende devono portare avanti per permettere il raggiungimento dell’obbiettivo“, vale a dire, impegno ma non obbligo.
La direttiva comunitaria non prevede sanzioni per le aziende che non rispettano le regole: saranno invece le singole Nazioni che dovranno provvedere ed è quindi subito cominciata la trattativa dei singoli paesi con l’Unione per decidere i limiti di queste sanzioni.
A sorpresa a remare contro la norma inizialmente proposta sono stati principalmente i Paesi Nordici, solitamente molto attenti alla questione paritaria tra donna e uomo, e le stesse donne commissarie (un terzo dell’esecutivo), le quali sostengono che la norma sarebbe stata controproducente se non fosse stata cambiata.
A ben guardare, credo di trovarmi d’accordo con chi ha “annacquato” la proposta di Legge: personalmente non concordo con le “quote rosa”, intese come imposizione di un tot di donne nei posti chiave di amministrazioni e società .
Come sostengono le commissarie europee, l’obbligo di “piazzare” donne in quanto tali, potrebbe essere controproducente.
Sarebbe più sensato se a parità di opportunità , donne e uomini arrivassero agli stessi livelli e, a venir scelto, sarebbe l’individuo più dotato, più adatto, più giusto per il posto in questione, a prescindere dal suo sesso.
In una società ideale”