Post Parto. La mia verità
Valentina Colmi, 30 anni, un marito e Paola la sua primogenita. E’ giornalista freelance. Entrata nella dimensione maternità qualche annetto fa con l’arrivo della sua bimba. Ancora non sa che tipo di genitore sarà: lo scoprirà solo vivendo. Nel frattempo insegna alla sua “nana” una cosa imprescindibile: amare Bruce Springsteen.
Valentina è la guest di questa settimana e ci racconta la sua esperienza del post parto.
Sono rimasta incinta al primo tentativo. Fortunata, lo so. L’ho scoperto il 15 agosto del 2012, meno di un mese dopo mi sarei sposata. Ero al colmo della felicità : stavo costruendo una famiglia con l’uomo che amavo.
Cosa volere di più?
I nove mesi di gravidanza sono trascorsi senza problemi: poche nausee, pochi fastidi. La mia pancia cresceva come un cocomero e m’immaginavo quanto bello sarebbe stato avere mia figlia tra le braccia, occuparmi di lei, cullarla, allattarla. Insomma, fare tutte quelle cose tipiche delle mamme.
E invece niente è andato come avevo sperato.
ore 3 del mattino del 15 aprile mi si sono rotte le acque, ma erano torbide, segnale che qualcosa non andava. Io e mio marito siamo schizzati in ospedale, dove mi hanno messo nel pre-parto, ovvero le stanze dedicate alle partorienti che hanno dilatazioni minime o che devono essere sottoposte al parto indotto. Quasi subito ho cominciato ad avere contrazioni fortissime, ma dopo 8 ore di sofferenza non ero arrivata neanche a 2 cm.
Ho chiesto l’epidurale (io che pensavo che sarei stata in grado di sopportare il dolore!) e sono rimasta in sala parto fino alle 18, quando hanno deciso di praticarmi un cesareo d’urgenza perché il battito di mia figlia mostrava sofferenza.
ore 18.24 sono nata mamma assieme alla piccola Paola. Peccato che non abbia potuto rendermene conto perché mi hanno praticato l’anestesia totale. Per mesi avevo immaginato come sarebbe stato vederla uscire dal mio corpo, la commozione mia e di mio marito e invece non solo non l’avevo vista, ma il mio compagno non c’era.
Il peggio sarebbe avvenuto dopo, in reparto, quando, nonostante il catetere, la flebo e i punti mi hanno fatto tenere mia figlia in stanza: ero stanca morta e volevo solo dormire e invece avevo questa creatura di cui occuparmi. Il problema è che la bambina non voleva saperne di attaccarsi al seno: succhiava, ma il mio capezzolo non andava bene. Mi hanno detto di tutto, ma il senso era sempre quello: dovevo allattarla al seno, altrimenti sarei stata una madre degenere. Ho provato di tutto, compreso paracapezzolo e tiralatte, ma alla fine ho deciso che sarei passata al latte artificiale.
Hanno tentato di farmi sentire in colpa e, una volta a casa, ho avuto un crollo: piangevo sempre, non avevo alcuna voglia di occuparmi di mia figlia che mi sembrava solo un fastidio. Non ero felice del suo arrivo e più mi dicevano che dovevo essere contenta, più mi sentivo uno schifo perché io, contenta, non lo ero affatto.
In quei momenti mio marito è stata la persona più importante: mi ha capito, sostenuto e soprattutto non mi ha giudicata. Grazie a lui ho avuto il coraggio di chiedere aiuto e di non sentirmi sbagliata. L’immagine della madre devota che si immola per i suoi figli, cosa che tentano ancora di inculcarti nei corsi pre-parto, non mi appartiene, mi dispiace.
Nessuno ti insegna a diventare mamma.
Nessuno ti prepara abbastanza. Più che i corsi pre-parto, dovrebbero organizzare dei corsi post-parto, prendere per mano i nuovi genitori smarriti ed essere sinceri con loro.
Care mamme se non vi sentite felici piangete liberamente e senza senso di colpa, non sorridete per forza, parlate con chiunque vi possa dare una mano. Con il vostro compagno, con i genitori, con gli amici (veri) e andate su internet: i blog e i forum di mamme sono stati per me molto più utili di tante falsità dette nel mondo reale. E non abbiate paura di chiamare le cose con il loro nome: ho sofferto di baby blues e non me ne vergogno di dirlo anzi lo faccio a voce alta, perché c’è ancora troppa omertà sulla nuova vita con un neonato urlante, e produttore a tutte le ore di pipì e cacca.
Un figlio è un percorso. E se non si prova da subito un colpo di fulmine non c’è da sentirsi delle inette. Il sentimento profondo, il legame indissolubile, arriverà con il tempo, imparando a conoscersi, ad accettare il carattere l’uno dell’altro. In fondo le migliori storie d’amore nascono proprio così, no?
Valentina ora è in attesa del suo secondogenito. Voglia di essere madre batte depressione post parto…10 a 0!!
w la sincerità ! questo articolo sarà di aiuto a tante. Buona vita alla piccola Paola e alla mamma Valentina.
Grande verità ‘ .grazie.
Cara Valentina condivido pienamente il tuo pensiero, ci vorrebbero dei corsi pre parto e post parto per la coppia e ci vorrebbe anche tanta informazione ai compagni che spesso non sanno come reagire ad un evento del tutto inaspettato come la dpp, come aiutare la propria compagna ad uscirne, come proteggere la propria famiglia.
Io per fortuna sono riuscito ad aiutare mia moglie grazie sopratutto ai consigli di altre mamme online, ma devo ammettere però che malgrado quando io e mia moglie ne abbiamo parlato per la prima volta mi sono scoperto stupefatto come se a mia moglie non potesse accadere. Siamo abituati alla vostra forza, perchè voi donne lo siete sempre , per molti uomini è difficile entrare nella mentalità che possiate aver bisogno di aiuto! Le notizie di oggi 18 maggio ci dicono che un’ altra mamma non ce l’ ha fatta malgrado l’ aiuto e le cure, la tragedia si è compiuta ancora una volta, sintomo che non si fa ancora abbastanza e la strada da percorrere è lunga!
Sono Valentina, l’autrice dell’articolo. Grazie a tutti i vostri commenti e ovviamente grazie a Deborah che ha avuto e sta avendo il coraggio di parlare apertamente di un problema troppo taciuto e che come giustamente hai detto tu Andrea miete ancora delle vittime. E’ interessante il tuo punto di vista di uomo e padre che si trova impreparato di fronte ad un evento – comunque bellissimo – della nascita e del diventare genitori. Voi compagni siete importanti. Forse non avete idea di quanto. Io, lo ripeto, senza mio marito sarei veramente caduta in depressione. Diventare madre, e prima ancora partorire, è stata la cosa più difficile, dolorosa e totalmente spiazzante che ho fatto in vita mia. Perciò bisogna continuare a parlarne, ma soprattutto credo che le donne tra loro debbano essere più solidali e più sincere, non solo trincerandosi dietro un computer.
Hai ragione Valentina! Il supporto di una rete di mamme è una vera salvezza e lo dico per esperienza personale!
Grazie a te per aver condiviso la tua esperienza con noi!
condivido il tuo pensiero, ancora oggi all’alba dei quasi 2 anni di mio figlio, per quanto ne sia innamorata…di un amore nato col tempo lo ammetto anche se per un po’ me ne sn vergognata…faccio fatica, lo ammetto ancora adesso faccio fatica, quando le notti sn ancora pensanti, quando c’è la giornata del capriccio d’oro e guardandomi attorno mi sembra che gli altri suoi coetanei siano più tranquilli (ah…i paragoni…mai farne!), quando la mammite cronica si accentua e il “no” costante pure…faccio fatica, eppure lo dico sempre lo ripartorirei altre 1000 volte (lo ammetto ho avuto un parto facile e piuttosto veloce).ed è vero quel che dici, il web mi ha aiutato molto, molto di più di chi stava attorno.anna
Sai Anna, prima di rimanere incinta io avevo un’idea un po’ stereotipata dell’essere mamma, cioè quella dell’essere tutta d’un pezzo. Tutti mi dicevano “vedrai come ti verrà naturale”. Ma a me di naturale, almeno all’inizio non veniva proprio nulla. Credo che la migliore forma d’amore che si possa manifestare ai propri bambini sia quella di accettare di essere prima di tutto delle donne e delle persone che hanno anche altro oltre i figli. Passioni, interessi, una vita sociale con persone altre sopra un metro, ma anche voglia di dormire quando magari i nani si svegliano nel cuore della notte perchè hanno fame. Io cerco di tenere ben a mente questo e facendo così credo di essere riuscita a trovare un equilibrio: penso (e spero) che la mia bambina questo lo percepisca. Valentina
Grazie. Grazie perchè mi hai fatto sentire meno sola, grazie perchè hai detto tutto quello che si prova così schiettamente senza peli sulla lingua. Grazie perchè sapere che questi sentimenti possono essere condivisi ti aiuta a guardare avanti. Grazie ancora Lucia
e noi ringraziamo te carissima Lucia per avere messo in luce il tuo stato d’animo e averci confermato quanto la rete e la solidarietà che stiamo creando sia uno strumento sempre più valido ed efficace 🙂
Concordo con Deborah, Lucia. Io ho scoperto proprio il suo libro mentre ero alla disperata ricerca di qualcuno che mi dicesse: “Tranquilla, ci passano tutte anche se non lo dicono”. La rete, con i blog e i forum di mamme, come dico nell’articolo, per me è stata fondamentale. Mi ha fatto capire di non essere sola e mi ha permesso di parlare apertamente di un problema troppo taciuto. Perchè c’è ancora tanta omertà , soprattutto tra le donne, le prime (per fortuna non tutte) a giudicare.