Perché celebro la Festa della Donna
Ieri, 8 Marzo, era la Giornata Internazionale della Donna, quella che molti chiamano Festa della Donna quando invece si tratta di una celebrazione più che una festa. Che differenza c’è, mi direte.
Non molta in realtà ma il punto è che con celebrazione si sottolinea il voler rendere solenne, esaltando attraverso il ricordo e la memoria, un evento importante, mentre la festa ha più un’accezione gioiosa e di divertimento, nonostante si possa comunque accostare anch’essa al concetto di memoria.
Mi farete notare che è una sottigliezza. Forse si, eppure ritengo che la sfumatura possa diventare importante nel momento in cui si clicca su Google “8 Marzo – Festa della Donna” e una valanga di pagine piene di triti e ritriti luoghi comuni metta in pericolo la buona fede del lettore.
Ogni anno leggo commenti, citazioni e articoli che mi indignano in quanto portatori di propaganda ottusa e triste superficialità.
L’8 Marzo non è la commemorazione di un incendio in cui morirono delle operaie.
Non è nemmeno una banale festa per donne che una volta all’anno si scatenano randage, copiando quegli stessi uomini che insultano per volgarità i restanti 364 giorni l’anno.
Non è nemmeno una propaganda comunista per perseguitare il mondo cattolico e non ha nulla a che vedere con altre spiegazioni fantasmagoriche talmente patetiche da suonare grottesche.
Avete mai spiegato ai vostri figli cosa significa la Giornata Internazionale della Donna? Io non ancora, anche se con Matteo abbiamo affrontato più di una volta il concetto di discriminazione di genere.
Con orgoglio ho registrato l’indignazione di mio figlio alla scoperta che le donne al mondo fossero un tempo (e in alcuni Paesi ancora adesso) considerate ovunque esseri inferiori, privi di diritti civili e con trattamenti sul lavoro e nella vita di ogni giorno inferiori rispetto agli uomini.
Nella mente di un bambino che vive in un paese occidentale democratico, l’idea che una donna non possa avere voce in capitolo dove invece ce l’ha un uomo, è incomprensibile.
Eppure a ben vedere, anche in paesi avanzati come USA e Italia, i diritti delle donne non sono poi così pari a quelli degli uomini.
Spiegare ai nostri figli (maschi e femmine) che più di 100 anni fa, gruppi di donne di ogni parte del mondo, si sono riunite per dare vita ad un movimento che avrebbe portato al suffragio universale in quasi tutte le nazioni e poi lentamente (sebbene non in maniera omogenea) a migliori condizioni di vita e lavoro, è a mio parere il primo passo per migliorare la vita delle stesse donne ovunque nel mondo.
I nostri figli erediteranno ciò che è nostro ora e se vogliamo cambiare le cose è su di loro che dobbiamo puntare e investire.
Fin tanto che ci sono persone (e donne!) che pensano che l’8 Marzo sia una patetica, ridicola festa per aspiranti battone, perché ho sentito anche questo, ho paura che il futuro delle nostre figlie non sarà molto roseo.
Noi che viviamo nella democrazia, nella convinzione (a volte illusione) di valere tanto quanto gli uomini, non ci rendiamo conto di coloro che prima di noi hanno sfidato una società rigidamente maschilista, hanno affrontato il pregiudizio e spesso il giudizio e la condanna maschile, per ottenere quei diritti che vengono ora considerati di base per ogni essere umano, ma che 100 anni fa non lo erano per la donna.
Ad ogni donna che guarda schifata al movimento femminista (che poi era quello delle suffragette per esempio) accomunandolo solo a pittoresche, seppur importanti, manifestazioni degli anni 60 e ritenendolo volgare, violento e dannoso, vorrei chiedere qui, seduta stante, di rinunciare al loro diritto di voto, al diritto di studio, al diritto di poter accedere agli stessi livelli lavorativi degli uomini (che d’ora in poi devono chiamare “lor signori”), a ricevere stipendi decenti e lavorare un numero di ore umane, o a lavorare completamente. Vorrei chiedere a queste donne che ritengono le femministe un branco di indemoniate pervertite, di rinunciare ad ogni diritto di decisione sul proprio corpo, lasciando carta bianca agli uomini loro mariti, di possederle ogni volta che gradiscono, facendo loro generare la quantità di figli che desiderano.
A costoro direi di mettersi il cuore in pace ed accettare che (in alcune regioni d’Italia) venga reinserito la legge che regola il matrimonio riparatore e quella che depenalizza il delitto d’onore (non sapete cosa sono? Cercate su wikipedia e sappiate che sono state abrogate nel 1981).
A costoro chiederei anche di rinunciare al diritto di essere ascoltate, di potersi esprimere e di venire prese in considerazione.
Potrei andare avanti all’infinito ma mi fermo qui: io celebro (senza sfarzi o trombe altisonanti) la Giornata Internazionale della Donna, leggendo, informandomi e propagando la testimonianza di chi in passato ha reso il mondo un posto migliore per me e a costoro prometto di insegnare gli stessi valori ai miei figli, facendoli diventare dei “femministi” ossia persone che credono nell’uguaglianza dei diritti tra gli esseri umani.