Mollo tutto e giro il mondo con la famiglia!
Quando l’ingegner Brambilla ha cominciato a blaterare di traslochi e di emisfero australe, io non gli ho dato molto peso. Avevo vissuto 29 anni nella stessa città, stesso quartiere, stessa casa e il solo pensiero di lasciare Milano mi pareva assolutamente ridicolo.
Cambiare quartiere dopo il matrimonio (in linea d’aria sono andata ad abitare a nemmeno 3 chilometri di distanza) era stato traumatico. Per settimane iperventilavo ogni volta che andavo a comprare il latte e il pane, aggirandomi per il quartiere con occhi sgranati cercando di interagire con gli autoctoni di via Padova.
Quando poi dopo qualche mese avevo cominciato ad abituarmi all’idioma e alla diversa cultura, ecco che l’ingegner Brambilla getta la bomba: andiamo in Australia.
In realtà era una bomba a scoppio ritardato visto che da anni sapevo che nel cervello dell’infingardo razzolava l’idea di spostarci nella terra dei canguri, solo che fino a quando non mi si è presentato davanti con un contratto di lavoro da firmare per una ditta di Sydney, non avevo immaginato che potesse veramente concretizzarsi la possibilità di andare a vivere a testa in giù.
Dire che ho preso con entusiasmo l’offerta, pronta ad affrontare l’avventura, sarebbe mentire spudoratamente. Ho detto si per un sacco di motivi ma ero terrorizzata e per nulla sicura.
Un giorno ho cambiato quartiere di Milano, un altro giorno, l’anno successivo, ho cambiato emisfero terrestre.
Mio marito crede nella terapia d’urto.
La storia la sapete: sono diventata mamma, mi sono fatta una bella depressione post parto, ne sono uscita e quando la mia vita sembrava aver preso un certo grado di stabilità, l’Ingegner Brambilla ha deciso di riprovare l’efficacia della sua teoria secondo la quale per essere felici bisogna far baracca e burattini e cambiare continente ogni 4/5 anni.
Ecco quindi che ora sono in USA da quasi 4 anni e già comincio a tremare pensando che potrebbe esserci un altro trasloco all’orizzonte.
Ma non è di me che vorrei parlare in questo post (e voi direte “Ah per fortuna! Se volevi parlare di te quanto scrivevi?) ma di un’altra famiglia che ha preso una decisione ancora più “drastica” della nostra.
Alessandro e Caterina Gangemi, con i 4 figli di età comprese tra gli 8 anni e gli 8 mesi, hanno lasciato lavoro e Bologna dove vivono da anni per viaggiare in giro per il mondo.
Con un biglietto aereo particolare e un budget di 40 mila euro (che sembra paurosamente alto ma facendo i conti è la spesa di mantenimento di una famiglia di 6 per un anno a Bologna), i sei Gangemi faranno tappa in Grecia, Turchia, India, Giappone, USA e Messico.
Al momento sono in India dove trascorreranno il Natale.
I Gangemi sono una famiglia che sperimenta, che azzarda, che segue vie non convenzionali: i bambini fanno homeschooling, sono tutti vegani e mamma e papà credono che viaggiare per il mondo, incontrando di persona diverse culture, sia un modo straordinario di imparare e di crescere.
Alessandro e Caterina riportano un dettagliato diario di bordo sul loro bellissimo blog: esperienze buone e meno buone, avventure e disavventure, gioie e disagi, foto meravigliose.
Marito e moglie erano stanchi di una vita fatta di routine frenetica, tempi ristretti e poche aspettative, così un giorno hanno deciso di mettere tutto in stand by e di fare un salto nel mondo.
Se pensavo di essere stata avventurosa io, ora mi ricredo: di fronte a questa famiglia non posso che inchinarmi e ammirare il coraggio, l’audacia e la follia che li ha spinti in quest’impresa.
Affrontare difficoltà con determinazione e sfide con passione sono gli elementi per vivere a pieno la nostra vita, assaporandone ogni attimo, sia che si giri il mondo, sia che si conduca una vita più tradizionale.
Una frase da uno dei post mi ha colpito particolarmente: “Il primo e prezioso insegnamento, il più importante di tutti è proprio quello legato all’adattamento. Noi adulti siamo impauriti, essere senza punti di riferimento (lavoro, casa, certezze, auto, routines …) è davvero qualcosa che inizialmente spiazza. Io ho sempre avuto bisogno di alcune certezze, attorno, proprio per sentirmi al sicuro. (…) i bimbi hanno molte più risorse di noi, non hanno le nostre sovrastrutture, non hanno maschere, non hanno costruito barricate tra noi e il mondo circostante. Riescono a sopravvivere molto più liberamente e spassionatamente che noi. Si sanno adattare.”
Nonostante non sia esattamente la stessa esperienza, confesso che questa frase rispecchia esattamente ciò che in questi 9 anni da immigrata ho provato e soprattutto è il nocciolo di quello che sono ora: una persona che si adatta.
Cosa ne pensate? Lascereste tutto e girereste il mondo con i vostri figli? Sareste pronti ad un grande cambiamento come può essere un trasloco in un’altra nazione? Sareste capaci di liberarvi di impalcature rigide, formatesi da anni di vita ripetitiva per ritrovare il nocciolo della vostra essenza e liberarlo come un bambino nel mondo?
Cara Enrica, ciò che hai fatto te, un mio cugino che adesso è da 9 mesi in Australia(e che mi ha detto che si trova molto meglio che in Italia) e quello che ha fatto questa famiglia, è veramente da ammirare….io ho comprato casa a 500 metri da casa mia, non riuscirei a cambiare quartiere, mentre mio fratello ha cambiato anche città…se non ce la facevo prima senza figlio, adesso poi…no…vi ammiro tanto, complimenti..
Quando incontrai mio marito, lui era reduce da quasi 20 anni con base in USA ma girando l’Europa per lavoro, ha vissuto per mesi in quasi tutte le grandi capitali europee e beccò me che avevo lo zainone sulle spalle ed ero al mio terzo viaggio di lavoro stagionale all’estero e prendevo lunghe pause all’università pur di poter cogliere occasioni di lavoro in giro.
Non è stato facile scegliere di fare casa in Italia ma volevamo una famiglia e mio figliastro abitava a Napoli, quindi, c’era poco da fantasticare, bisognava stare vicino a lui. Abbiamo comunque cambiato casa più volte e pure il principino ha la genetica nomade del papà; dopo l’università a Firenze, gira il paese per lavoro insieme al papà e le nostre piccoline sembra che abbiano anche loro preso gusto a viaggiare e sono sempre pronte a partire. Sanno anche prepararsi gli zainetti da sole. Abbiamo comprato un camper per i piccoli spostamenti di svago e macchina, treno e aereo ci fanno subito da casa all’occorrenza.
Essendo figlia e nipote di immigrati, non ho mai immaginato di farmi la vita nel posto in cui sono nata eppure altri expat come me ci mettono radici profonde facilmente laddove si trovano. Io invece mi sento a metà strada. Non vorrei vivere tutta la vita spostandomi ma so che non resterò dove sto adesso e non sono affatto sicura di voler finire i miei giorni in Italia. Quindi, non vedo proprio niente di così radicale negli spostamenti, il mondo piccolo e noi tutti (o quasi tutti) nasciamo con ben due belle gambe! 😀