Festa del Ringraziamento? Ma tu sai cos’è?
In USA, l’ultimo giovedì del mese di Novembre (ossia domani), si festeggia Thanksgiving, la festa del ringraziamento.
In Italia non è ancora giunta ma sono certa che nel giro di qualche anno questa celebrazione approderà sui lidi natii e diventerà il non plus ultra delle feste, un po’ come è successo con Halloween.
Prima che finiate di dire “Thanks…”, vi ingozzerete anche voi con tacchino ripieno, purè di patate dolci e salsa di mirtilli rossi.
Una minaccia? Forse. Una scommessa di certo. Mi direte voi.
Ma torniamo al di qua dell’Oceano Atlantico dove Thanksgiving ha radici antiche e… confuse. Se chiedete all’americano medio è chiaro che non abbia la più pallida idea di cosa rappresenti veramente questa festa. Ai bambini americani viene propinata la favoletta dei padri pellegrini partiti da Plymouth in Inghilterra e giunti con la Mayflower sulle coste Americane a… New Plymouth. In ambito di nomi di città, colavano inventiva e immaginazione da tutti i pori.
Era il 1621 e dopo un primo inverno di stenti in una terra inospitale e sconosciuta, in pochi erano sopravvissuti e se non fosse stato per i buoni selvaggi (Jean-Jaques Rousseau sarebbe stato così felice) della tribù Wampanoag e, in particolare, grazie al mitico Squanto, dei padri pellegrini non ne sarebbe rimasto mezzo.
I nativi americani, secondo la tradizione, avrebbero aiutato a coltivare sementi locali e dato indicazioni preziose su cosa e come cacciare. Il risultato fu un ottimo raccolto, seguito dalla voglia di festeggiare. E cosa c’è di più cristiano che invitare i vicini di casa a condividere il desco e a rendere grazie al Signore per essere vivi e vegeti?
Bene, non è andata proprio così. Innanzitutto il festeggiare il raccolto con un ringraziamento è una tradizione precedente allo sbarco della Mayflower. Questa celebrazione è identificabile in molte culture e religioni e i protestanti inglesi approdati in America portavano con sé questa tradizione antica.
In America i pellegrini erano pochi, a stento sopravvissuti ad un viaggio pericoloso e agli stenti di un primo inverno rigido. I padroni di casa, la tribù dei Wampanoag, nonostante non fossero apertamente ostili, di certo tenevano sotto vigile osservazione i visi pallidi.
Tra il governatore dell’epoca e il capo indiano, venne a stabilirsi una tregua che prevedeva una mutua difesa: io ti guardo le spalle dai tuoi nemici mentre tu fai lo stesso per me. Gli scambi tra la tribù e la colonia non erano solo di reciproca protezione, ma anche di informazioni su come sopravvivere. A detta dei discendenti di Squanto, quello che emerge è che non è mai esistito un primo Thanksgiving con invito ufficiale da parte dei pellegrini. Più probabilmente la vicinanza di queste due culture aveva fatto si che di tanto in tanto ci fossero scambi di cibo e altro, come forme di cortesia da buon vicinato e nulla più.
Fu Abraham Lincoln che nel 1863, in piena guerra civile, nel tentativo di far riappacificare le due fazioni americane, introdusse la celebrazione del Primo Ringraziamento, come condivisione di beni ed espressione di riconoscenza sotto forma di festa comune.
Si deve però aspettare Franklin D. Roosvelt nel 1941 prima di avere una data precisa e comune a tutti gli Stati Americani.
La favoletta dei generosi indiani invitati a cena dai riconoscenti pellegrini è quindi mezza campata per aria. Celebrare la comunione tra due culture diverse, alla luce del genocidio commesso dai “bianchi” nei confronti dei nativi americani, è un’ipocrisia odiosa.
Eppure le motivazioni che hanno portato Abraham Lincoln ad imbellettare i fatti, non sono completamente negative. Cosa c’è di più bello che sedersi attorno ad un desco imbandito, mettere da parte le differenze e condividere ciò che è comune, dimostrando riconoscenza per ciò che si ha?
Ritengo che sia importante insegnare ai bambini i fatti della storia, gli avvenimenti come sono realmente accaduti, per quanto sanguinosi e orrendi. Solo con la conoscenza obiettiva del passato si può sperare di non commettere nuovamente gli stessi errori.
Al contempo però è altrettanto importante spiegare che l’invenzione del Primo Ringraziamento è stato un tentativo di ricucire il profondo strappo della guerra civile. E in questi tempi di sospetto, ignoranza, odio, sospetto, terrore e disperato bisogno di difendersi dal diverso, trovo che far passare il basilare messaggio di comunione, condivisione e riconoscenza, sia un atto di incredibile coraggio e saggezza.
Domani mi siederò a tavola con gli amici con cui festeggiamo sempre Thanksgiving: Americani, Italiani, Sud Africani, Canadesi, Israeliani, Turchi, Cristiani, Musulmani, Ebrei, Atei… c’è tutto, compresa la voglia di allevare i nostri figli con una mente aperta e un cuore compassionevole.
Happy Thanksgiving, folks!