Le sei condizioni per la felicità
Nasco come pessimista cosmica. No, giuro, non lo dico per dire. Ero peggio di Leopardi che messo a confronto con i miei “perché tutte a me?”, “la vita è una fregatura”, “cazzo, sono così sfigata che se incontro un gatto nero per strada mi prende a colpi di gobbi e zampe di coniglio”, parevail Dalai Lama.
Il mio vedere tutto nero era dovuto a tutta una serie di input intrecciati con i miei cromosomi e il mio background familiare, in particolare un ruolo incisivo spettava a mia nonna paterna. Se partivo per un viaggio in Grecia lei mi salutava con “ah, vedrai se non ti succede qualcosa là che poi è zona sismica”. Se avevo in mano un biglietto aereo per andare a studiare in Germania “lì, ad esempio, ci sono quelli con le svastiche tatuate e i denti d’argento, stai attenta che potrebbero prenderti a coltellate” e così via. Ho una raccolta di affettuosi anatemi degni di essere riportati nella Treccani alla voce “cosa significa l’espressione ‘toccarsi i maroni'”.
Poi sono cresciuta, la saggezza degli anni che passano si è fatta viva timidamente, sono caduta, mi sono rialzata, tolta polvere e sangue di dosso, sputato frammenti di incisivi, pianto, e asciugato le lacrime, poi ho ripianto e sono ricaduta e ancora una volta, gonfia di ematomi, rimessa in piedi. Parevo Rocky sul ring che grida “Adriana” con due occhi tipo prugne gonfiate con gli ogm. Stufa di questa estenuante lotta con le mie tendenze tossiche che mi portavano mio malgrado a vivere spesso situazioni (alcune almeno) in cui assistevo più o meno alle stesse dinamiche, ho imboccato una nuova strada che mi ha fatto capire il senso della differenza tra 180° (visione secondo cui avevo basato il mio universo-mondo) e 360° (alternativa in cui il mio universo-mondo si è rivelato molto più ricco di elementi di quanto non credessi). Oltre a capire realmente la differenza matematica tra le due cifre visto che sto al calcolo come Solange all’astrofisica.
Ho intrapreso un cammino interiore che nemmeno l’alchimista di Coelo, studiato ogni tipo di testo filosofico-orientale, ero come un topino miope da biblioteca ingobbito dalla troppa volontà di uscire fuori da automatismi che facevano della mia vita un loop, spesso e volentieri, della peggiore canzone. E finalmente ho trovato la via d’uscita: il Buddismo.
Ora, parli di buddismo e dici tutto e niente a dire il vero.
E pensi a molte cose tipo:
1) Il bel pancione con ombelico prominente di un ciccione seduto nella posizione di Loto che pare vittima di un sorriso paresico;
2) A una filosofia di aforismi sulla felicità che avvolgono cioccolatini;
3) A una cosa che in fondo non ci appartiene perché siamo occidentali.
Non solo mi sono avvicinata a questa religione ma sono pure diventata praticante. E dopo attacchi di tutti i tipi in cui mi sono sentita accusata di essere:
A) un’ adepta di Scientology;
B) una tossicomane poiché la religione è l’oppio dei popoli;
C) Una di quelle che si incontra con soggetti incappucciati e che recita formule esoterico incomprensibili;
D) La rompipalle che va a bussare alle porte di casa la domenica perché i Testimoni di Geova non bastavano.
Ovvio, non mi sono curata di queste considerazioni perché passare dal pessimismo cosmico all’ottimismo costante che “ma ti fai di qualcosa?” vale la pena, anche quando ti senti chiedere: “ma poi ti metti la tunica arancione e ti rasi la testa?”
Io, ora, sorrido. Sempre. E se all’apparenza sono seria, sorrido comunque nella pancia, nel cuore, nella testa. Non sono esente dalle 4 sofferenze basiche su cui la vita di ciascuno di noi è intessuta (nascita, malattia, vecchiaia, morte) ma rispetto al dolore che esse provocano sono in grado di riconoscerle non di tenerle a distanza, ma di accettarle, perché inevitabili, non di fare finta che non ci siano. Di sentirmi viva e grata di essere qui perché so che non posso durare in eterno.
Paradossale? Sì, ma è questo che fa la differenza, è questo il motore a 5 milioni di cavalli che dovrebbe spingerci a vivere bene, con naturalezza, senza lamentela (porta sfiga e molta, si sappia), sensi di colpa (siamo umani e commettiamo errori. E per fortuna, perché attraverso le nostre cazzate è possibile capire come evitarle in futuro), senza che a ogni inciampo ci sia il nostro dito puntato verso l’esterno a cercare il primo capro espiatorio che ci aiuti a scaricare il barile delle nostre responsabilità.
Poi magari vi chiederete come si fa ad arrivare a questa condizione interiore. Ma questa è un’altra storia un pò più intricata e complessa (a votazione un post sul tema).
Intanto eccovi le sei condizioni per essere felici per cui varrebbe la pena leggere qualcosa di questa meravigliosa presa di coscienza:
1) Percepire in sé un senso di realizzazione. Parlate poco e fate tanto. Coltivate un hobby oggi, potrebbe diventare il lavoro di domani. Accogliete il vostro odioso attuale lavoro perché potrebbe diventare la professione che avete sempre desiderato. Create valore sul posto di lavoro sebbene abbiate la collega verso cui nutrite il desiderio di vederla disperdersi nello spazio. Provate a guardarla da quei 360° e valutare che siete attori protagonisti nelle situazioni che vi fanno infuriare ed evitare la marinatura di palle a cui costringete con le vostre cronache di “gnorgnia” amici e parenti;
2) Possedete una filosofia. Ok, non è che dovete diventare il Kant o lo Schopenahuer “de noatri” ma almeno provare a sforzarvi per fare un distinguo tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Basta poco in fondo, perché se camminate in un bel bosco godendovi la sinergia della natura che a mio avviso non finisce mai di stupire e vedete un assorbente sporco con le ali conficcato nella terra tra funghi porcini e fragoline di bosco capite facilmente che è sbagliato che in giro ci sia una stronza di talento e che è giusto segnalare l’oggetto intruso. E comunque, aldilà degli slanci ambientalisti, fate della vostra vita un elemento magico, unico e non degradatelo a un’occasione in cui il più delle volte le vostre giornate sono “di merda”;
3) Siate convinti. Va bene anche se andate in giro con le Hogan ortopediche. L’importante è che siate sereni e felici di indossare quelle calzature create sotto l’effetto di qualche cocktail in più. La convinzione significa determinazione e cioè quell’istante in cui visualizzate nel profondo ciò che volete veramente, seguito dalle azioni concrete che vi aiuteranno a esaudire il vostro desiderio. Perciò costruite, inventate, proponete, arricchitevi di interessi e relazioni sociali sane e basta di piangervi addosso o di attaccarvi in modalità Bostik al primo malaugurato che vi chiede “come stai?” e voi giù a vomitargli a raggio i vostri problemi;
4) Conducete una vita allegra e vivace. Ma sì, a che serve la mestizia? Il muso? La troppa serietà? Siate solari, regalate qualche sorriso in più e vedrete come la vita sia sensibile al buon umore. Il detto “gente allegra ciel l’aiuta” nasconde una grande verità. E poi, ve lo dico, di recente ho alleggerito la bacheca di Facebook. Non potevo più sopportare gli smile con la bocca rivolta in basso seguiti da “è infastidita”, “è depressa”, “è triste”, “è giù di corda”. Confido in Zuckerberg e nella sua vena creativa, magari, che so, gli viene in mente di inserire uno smile che si frantuma a bastonate il basso ventre seguito da “è una rompicoglioni”;
5) Abbiate coraggio. E basta di fare bracciate nel vostro acquario tristanzuolo, con piantine di plastica ormai rivestite di pelliccia di muffa. Fate un bel salto e tuffatevi nell’oceano. E’ vero, potreste scontrarvi con uno squalo bianco che non tocca cibo da venti giorni ma val pur sempre correre il rischio pur di godervi una meravigliosa e coloratissima barriera corallina, giusto? E anche qui il detto “la fortuna aiuta gli audaci” ha un suo perché;
6) Aprite la mente. Buttate nel secco i paraocchi, compratevi un divaricatore per scatola cranica e ampliate la vostra visuale. Siate elastici, non giudicate, non criticate solo perché all’apparenza la donna seduta di fianco a voi in metro ha un look così orripilante che la rinnegherebbe pure Postalmarket. Dietro quell’abbinamento da drag queen potrebbe celarsi una persona con un valore di gran lunga maggiore del vostro. Perciò barattate l’intolleranza con l’accettazione, il rimprovero con la lode, il rancore con la compassione, l’ira con la bontà. Non vi guadagnerete un posto a parimerito con Madre Teresa di Calcutta ma di sicuro vivreste completamente a vostro agio ogni singolo giorno della vita.
La me di oggi è pregna di queste sei condizioni che non è facile mantenere poiché come ogni cosa che elargisce un beneficio c’è dietro la richiesta di impegno, massimo sforzo, costanza.
La me di oggi è cambiata radicalmente nonostante le tendenze restino perché in fondo se ci si lascia andare si ritorna sempre in quell’ovile con l’insegna “bè, del resto sono fatta così”.
La me di oggi è sempre la buffona che spesso per disattenzione è reginetta di gaffe, collezionista a tratti di baruffe sulla rete, e di dissidi incontrollabili con il suo “amato” correttore automatico che spesso e anche molto volentieri l’ha resa una mezza disgrafica che beve mojito a colazione. Ma agli errori con il buddismo si trova sempre una reale e benevola soluzione. Al momento, per farvi un esempio, sto cercando di fare una disperata errata corrige a chi ho mandato l’invito di partecipare ai meeting buddisti. Al mio “vi ricordo che a settembre ricominceranno i meeting Nudisti” chissà come anche il più fervente ateo è diventato…credente.
Ciao Deborah
Son capitata per caso in questo blog.deduco che stai praticando il buddismo di Nichiren Daishonin.io sono membro e pratico da 25 anni e’ la cosa più bella della mia vita anzi e’la chiave per la comprensione della mia vita.ti auguro di praticare per sempre
“Supererò i miei limiti!” .Nell’istante in cui prendiamo questa decisione,superiamo le nostre barriere interiori.A quel punto stiamo già realizzando i nostri obiettivi.
D.Ikeda
Un abbraccio Barbara